L’Italia del “Mattone ideologico”
Verso l’Azzeramento del Consumo di Suolo: Obiettivi e Sfide per l’Italia
il suolo
l’ambiente
il paesaggio
L’Italia del “Mattone ideologico” Il nostro Pianeta sta soffrendo e sembra che la colpa sia da addebitare, almeno in parte, all’uomo. Le correnti di pensiero sono diverse e tutte,sembra, abbiano le proprie ragioni. C’è comunque una corrente di pensiero che prevale, rappresentata da un movimento trasversale e multilaterale che sta spingendo i nostri rappresentanti politici alla ricerca di una crescita sostenibile. Per tale motivo l’Europa e l’ONU ci invitano a tutelare e a valorizzare il capitale naturale, chiedendo al contempo di azzerare il consumo di suolo netto entro il 2050, allineando lo stesso alla crescita demografica e senza aumentare l’uso del territorio entro il 2030. In pratica, gli ambiziosi traguardi prefissati sono:
1. L’ adeguata protezione del suolo anche attraverso l’adozione di obiettivi relativi al suolo in quanto risorsa essenziale del capitale naturale entro il 2020 (Delibera del Consiglio UE e ratifica del Parlamento)
2. l’azzeramento del consumo di suolo netto entro il 2050 (Delibera del Consiglio UE e ratifica del Parlamento);
3. il bilancio, “almeno a pareggio” del degrado del territorio entro il 2030 (ONU 2015).
4.L’allineamento del consumo di suolo alla crescita demografica reale della popolazione deve avvenire entro il 2030 (ONU 2015). L’obiettivo dell’azzeramento del consumo di suolo è stato definito a livello europeo già nel 2006. Questo obiettivo sottolinea la necessità di azioni concrete per ridurre gli effetti negativi del consumo di suolo. Tra le priorità, c’è la riduzione della sua forma più pesante e invasiva: l’impermeabilizzazione dei terreni.
In Italia, il Piano per la Transizione Ecologica ha anticipato l’obiettivo al 2030. Questo significa un anticipo di ben 20 anni rispetto ai colleghi europei. La nuova scadenza si allinea alla data fissata dall’Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile. L’azzeramento del consumo di suolo, secondo il Piano, richiede due azioni principali. Da un lato, la riduzione delle attività di artificializzazione. Dall’altro, il ripristino naturale delle aree più compromesse, come le coste e gli ambiti urbani.
Ciò è considerato una misura chiave anche per l’adattamento ai cambiamenti climatici, da normare attraverso un’apposita legge nazionale. Inoltre numerose regioni hanno approvato leggi che a vario titolo – alcune nell’ambito di interventi più complessivi dedicati anche alla regolamentazione degli istituti urbanistici e degli strumenti di pianificazione del territorio, altre con normative di portata più circoscritta – introducono non solo discipline di dettaglio ma anche – in assenza di una specifica legislazione statale – indicazioni in tema di contenimento del consumo di suolo e di rigenerazione urbana.
Lotta al consumo di suolo: un equilibrio tra sviluppo e sostenibilità
Le continue informative in materia hanno spinto le amministrazioni pubbliche locali a sviluppare quanto possibile entro la scadenza del 2030. Questa scadenza era già stata annunciata con largo anticipo. Nei bilanci dei Comuni, gli oneri di urbanizzazione, l’IMU e le tasse sono vitali. Le direttive UE e le norme Regionali, pur confermando la dead line del 2030, hanno incentivato il consumo del suolo vergine. Hanno anche creato le condizioni per un possibile “blocco” del comparto immobiliare.
Le regioni del nord Italia, dopo aver creato infrastrutture come strade, autostrade, ferrovie, aeroporti, fiere e ospedali, si trovano ora di fronte ai propri limiti. Il motivo è nelle scelte ideologiche, suggerite “dall’alto” (ONU-UE). Queste scelte non erano così stringenti come la voglia di mostrarsi “i primi della classe”. Si è voluto giocare al “Salviamo il Pianeta”, ma non si è compreso che paralizzare i sistemi funzionali non porta automaticamente al benessere.
Il problema di fondo è la mancanza di coraggio. L’Europa non ha avuto il coraggio di rinunciare a commerciare con chi inquina veramente, consuma suolo e deforesta. Non si è affrontata la realtà delle nazioni che privano i propri cittadini delle libertà democratiche, come Russia, Cina, Iran, Brasile, India e Pakistan. Tornando alla realtà, possiamo immaginare un mercato immobiliare senza nuove abitazioni. La costruzione di nuove case è già scesa dal 22,6% del 2011 al 9,4% di oggi.
Figura 9: Serie storica trimestrale della quota di acquisti di abitazioni nuove dall 2011
e immaginiamo quindi che nei prossimi anni lo stock di abitazioni tenda a rimanere lo stesso (sebbene i Piani Urbanistici Generali delle varie Città Metropolitane invochino la rigenerazione urbana dei comparti industriali, i vincoli urbanistici posti dalle norme tecniche inserite nei Piani stessi rendono antieconomica ogni iniziativa e presto il tanto auspicato blocco alla cementificazione diventerà una realtà), la mancanza di offerta, unita all’immigrazione interna, comunitaria ed extracomunitaria, porterà i valori immobiliari (già oggi a livelli insostenibili per la gran parte degli studenti e dei lavoratori ) a quotazioni sempre più elevate ed inaccessibili.
Il problema degli studenti nelle tende o dei lavoratori che dormono in auto è sempre più una realtà quotidiana che già oggi stiamo affrontando e che nel giro di pochi anni, con la crescita esponenziale dei canoni di locazione e dei prezzi al mq delle abitazioni, porterà ad una crisi sociale ed economica i cui effetti si faranno sentire a più livelli. Se impiegati, infermieri, insegnanti, forze dell’ordine, camerieri, operai ecc, fuggono dalle nostre città per andare altrove alla ricerca di un “fine mese” sereno, la gran parte della responsabilità è da attribuirsi al divario tra redditi percepiti e costi dell’abitare.
Il futuro del mercato immobiliare italiano: rischi e opportunità
Non è pensabile ritenere che le nostre città possano sopravvivere senza giovani e con carenza di lavoratori, considerato che la popolazione anziana aumenterà sempre più e la necessità di servizi sanitari, della sicurezza e delle attività di vicinato diventeranno sempre più impellente e importante. , da sempre al fianco della proprietà immobiliare, è molto preoccupata per gli effetti negativi che gli strumenti amministrativi, applicati all’urbanistica, stanno avendo sui valori immobiliari e ritiene possibile intervenire con leggi incentivanti piuttosto che con norme penalizzanti, utili ad indirizzare il mercato immobiliare verso una crescita sostenibile. In primo luogo se lo Stato e le Amministrazioni locali non sono in grado di garantire un’abitazione a prezzi “umani” a studenti, lavoratori e famiglie, nei Comuni A.T.A. deve azzerare le tasse ai proprietari disponibili a fornire un’abitazione a canone concordato (comprese le aziende che danno in locazione ai propri dipendenti).
Si deve garantire inoltre che, qualora il conduttore non paghi il canone concordato e/o le rate condominiali si possa agire con uno sfratto esecutivo in 90 gg.
In secondo luogo bisogna incentivare la rigenerazione urbana eliminando i vincoli in altezza (salvo rare e giustificate eccezioni) chiedendo una percentuale di ERS destinata alla locazione (Edilizia Residenziale Sociale) sostenibile economicamente (non oltre il 10% della superficie edificabile). Permutare le proprietà dismesse e non strategiche di Stato, Regioni, Citta Metropolitane, Comuni ed altri enti ad essi annessi e connessi, con Società Immobiliari e/o Cooperative edificatrici di comprovata solidità disponibili a permutare sul posto immobili destinati alla Locazione residenziale Sociale.
Infine, ma non per ultimo, bisogna aumentare i collegamenti ferroviari con tutte le periferie ed i comuni delle aree metropolitane aumentandone le corse, le fermate ed estendendo le fasce orarie fino alle prime ore notturne. Dove possibile estendere la rete ferroviaria per coprire altri comuni ed estendendo il concetto di periferia. Le città italiane hanno un ampio margine di sviluppo se paragonate ad altre realtà metropolitane del mondo come ad esempio:
- Parigi 20.000 abitanti per km quadrato
2. Tokyo 14.000 abitanti per Km quadrato
3. New York 11.215 abitanti per Km quadrato
4. Londra 4.675 abitanti per Km quadrato
5. Roma 2.235 abitanti per Km quadrato
6. Milano 2.036 abitanti per Km quadrato
7. Bologna 274 abitanti per Km quadrato
non ritiene sia necessario arrivare a densità abitative così intensive come quelle delle città intercontinentali o Parigi, tuttavia vede ampi spazi di crescita sostenibile, fornendo risposte immediate e convincenti alle fasce più deboli, ai giovani e alle famiglie.
UNIONCASA rivolge un appello al Governo, alle Regioni, alle Città Metropolitane e ai Comuni affinché rivedano le politiche urbanistiche, con l’obiettivo di ristabilire un giusto equilibrio tra domanda e offerta di abitazioni, sia in vendita che in locazione, aumentando al contempo la disponibilità di immobili destinati alla locazione pluriennale, così da facilitare l’accesso alla casa per famiglie, studenti e lavoratori in generale.