Il mediatore: quando ha diritto a ricevere la provvigione

Con la recentissima sentenza n. 2385, del 26 gennaio 2023, la Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata in merito al diritto alla provvigione del mediatore e, in particolare, al momento in cui esso sorge.

Posto che, ai sensi dell’art 1755 c.c., affinché maturi il diritto alla provvigione è necessario che l’affare sia stato concluso, ci si è chiesti se la semplice proposta di acquisto fosse idonea a integrare detto requisito.

Secondo gli Ermellini la risposta non può che essere negativa, essendo tale atto costitutivo del semplice vincolo a dare impulso alla successiva conclusione dell’affare, la quale – di contro – richiede perlomeno la stipula di un contratto preliminare o del definitivo. La Corte, in tal modo, ha inteso dare continuità all’orientamento dominante secondo cui l’affare può ritenersi perfezionato soltanto quando tra le parti poste in relazione dal mediatore si sia costituito un vincolo giuridico che sia tale da abilitare ciascuna di esse ad agire per l’esecuzione in forma specifica del negozio, di cui all’art. 2932 c.c., ovvero per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato (in tal senso vedasi anche Cass. 39377/21, Cass. 32066/21, Cass. 30083/2019).

La proposta di acquisto certamente non può intendersi quale vincolo giuridico, così come specificato dalla Suprema Corte e, pertanto, esclude il diritto alla provvigione.

Trattasi di una precisazione importante poiché incide non solo sull’esistenza del diritto al compenso del mediatore, ma anche sulla sua misura, che è generalmente determinata proprio sulla base del volume dell’affare concluso.

 

La sentenza

Per comprendere tale concetto è sufficiente guardare al caso deciso dalla sentenza in commento, in cui un Immobiliare lamentava l’errore della Corte d’Appello nel calcolo della provvigione.

Il mediatore, infatti, avrebbe dovuto ricevere un corrispettivo pari ad una percentuale prefissata del valore dell’affare, ma, in sede di liquidazione del compenso, sorgeva il problema di stabilire quale fosse effettivamente la cifra a cui fare riferimento.

Secondo Giudice di seconde cure, la percentuale si sarebbe dovuta calcolare sulla base del prezzo indicato nella proposta di acquisto. Ciò sarebbe conseguenza diretta dell’orientamento della Corte d’Appello, che coglieva nella sottoscrizione della proposta quella conclusione dell’affare, alla quale l’art 1755 c.c. collega il sorgere del diritto alla provvigione.

La Suprema Corte, però, per i motivi di cui sopra, ha ritenuto di non aderire a tale impostazione. Pertanto, ha accolto il ricorso dell’Immobiliare e, di conseguenza, ha stabilito che il valore della provvigione deve essere calcolato sulla base del prezzo fissato al momento della conclusione dell’affare, ovvero di quello contenuto nel contratto preliminare o nel definitivo.