1. Premessa
La recente sentenza n. 2928 del 2025, emessa dalla Sezione V del Consiglio di Stato, offre un’interessante occasione per riflettere su un tema ancora oggi poco chiaro e oggetto di numerosi dubbi interpretativi: quello delle locazioni turistiche non imprenditoriali. Si tratta di un ambito nel quale si sovrappongono normative di livello nazionale e regionale, rendendo difficile, per proprietari e operatori del settore, orientarsi tra obblighi, adempimenti e libertà contrattuali.
Negli ultimi anni, il fenomeno delle locazioni turistiche ha conosciuto una crescita significativa anche in Italia, complice la diffusione capillare delle piattaforme digitali che mettono in contatto in maniera semplice e diretta chi offre e chi cerca un alloggio temporaneo. Questo svilupp
o ha sollevato la necessità di distinguere con chiarezza due realtà spesso confuse: da un lato, le locazioni turistiche gestite in forma imprenditoriale e, dall’altro, quelle effettuate in modo occasionale da privati cittadini, senza una vera e propria organizzazione d’impresa.
Il nodo principale è comprendere se, e in che misura, chi mette in affitto un immobile di sua proprietà per brevi periodi –senza nemmeno utilizzare le piattaforme online – debba essere sottoposto agli stessi obblighi previsti per chi svolge tale attività con finalità professionali. A questo proposito, è fondamentale distinguere tra la locazione con finalità strettamente turistiche, intese nel senso tecnico del termine, e quelle locazioni temporanee che, pur avendo come destinatari dei “turisti”, sono più vicine al concetto di semplice villeggiatura o soggiorno per motivi di svago, riposo o ferie, che possono essere trascorsi anche in località non prettamente turistiche.
Ci si chiede, insomma, se sia corretto trattare allo stesso modo queste due tipologie di locazioni, che nella sostanza rispondono a logiche, durate e finalità differenti. La prima è pienamente inserita nel mercato turistico, e può prevedere o meno l’uso di canali digitali per la promozione dell’offerta. La seconda, invece, appare più simile a una forma di locazione abitativa temporanea, legata a bisogni occasionali del conduttore, come un breve soggiorno estivo o un fine settimana di relax.
2. Inquadramento normativo
Per comprendere pienamente il regime giuridico delle locazioni turistiche non imprenditoriali, è opportuno analizzare le principali fonti normative che ne disciplinano l’attività. L’interazione tra norme statali e regionali ha generato, nel tempo, un quadro complesso, nel quale è fondamentale orientarsi correttamente per evitare errori o omissioni.
2.1 La Legge n. 431 del 1998
L’articolo 1, comma 2, lettera c), della legge n. 431/1998 rappresenta la prima norma statale che esplicitamente esclude dal proprio campo di applicazione le locazioni ad uso turistico. Questo significa che tali contratti non sono soggetti alla disciplina tipica delle locazioni abitative, come la durata minima o l’obbligo di canone concordato in caso di contratti ex art. 2 comma 3 L.431/98. In sostanza, si tratta di contratti regolati esclusivamente dal codice civile, richiamato come riferimento normativo principale.
2.2 Il Decreto legislativo n. 79 del 2011
Anche il cosiddetto ‘Codice del turismo’, all’articolo 53, conferma che le locazioni con finalità turistiche sono disciplinate dalle norme del codice civile in tema di locazione. Questa disposizione ribadisce quanto già affermato dalla legge del 1998, rafforzando l’idea che il legislatore abbia voluto garantire la libertà contrattuale ai privati che concedono in locazione i propri immobili per brevi periodi a fini turistici.
2.3 Il D.L. 145/2023 e il Codice Identificativo Nazionale (CIN)
Un’importante novità normativa è rappresentata dall’art. 13-ter del decreto legge n. 145/2023, convertito poi nella legge n. 191/2023, che ha introdotto l’obbligo di dotarsi di un Codice Identificativo Nazionale (CIN) per tutte le unità immobiliari concesse in locazione turistica. La norma distingue tra soggetti che operano in forma imprenditoriale, per i quali permane l’obbligo di presentare la SCIA, e soggetti privati, ai quali si richiede comunque il CIN come misura di trasparenza e sicurezza, anche se non svolgono l’attività in modo professionale.
2.4 La normativa regionale lombarda
La legge regionale della Lombardia n. 27/2015 rappresenta un esempio di disciplina locale che si affianca a quella statale. L’articolo 38 impone ai soggetti che affittano immobili per finalità turistiche, senza finalità imprenditoriali, di presentare una comunicazione di inizio attività (CIA). Tale comunicazione ha una funzione puramente informativa e non attribuisce ai Comuni alcun potere regolamentare o di veto sull’attività svolta dai privati, rafforzando così il principio della libertà contrattuale.
3. Principi affermati nella sentenza del Consiglio di Stato n. 2928/2025
La sentenza n. 2928/2025 del Consiglio di Stato rappresenta un punto di riferimento fondamentale per chiarire il quadro giuridico delle locazioni turistiche non imprenditoriali. In particolare, i giudici amministrativi hanno ribadito alcuni principi essenziali per distinguere correttamente questa forma di locazione dalle attività imprenditoriali vere e proprie.
In primo luogo, è stato chiarito che le locazioni turistiche effettuate da privati, in assenza di una struttura organizzata, non possono essere considerate strutture ricettive e non vanno confuse con le cosiddette ‘case vacanze’. Pertanto, non sono soggette alla normativa amministrativa prevista per le attività imprenditoriali nel settore dell’accoglienza.
Tali locazioni restano disciplinate esclusivamente dal codice civile (articolo 1571 e seguenti), e non sono soggette all’obbligo di SCIA previsto dall’articolo 19 della legge n. 241/1990. Il comportamento del proprietario privato, in questo contesto, è tutelato come esercizio della libertà contrattuale, riconosciuta anche dalla Costituzione italiana (art. 117, co. 2, lett. l).
Di conseguenza, il Comune non ha il potere di negare o rendere inefficace la comunicazione di locazione turistica presentata dal privato, né può ostacolare l’attività salvo che non emergano specifiche violazioni in ambito edilizio, igienico-sanitario o di pubblica sicurezza. La comunicazione di inizio attività (CIA), prevista a livello regionale, ha dunque una funzione esclusivamente informativa e statistica, utile per mappare l’offerta turistica del territorio.
4. Sul Codice Identificativo Nazionale (CIN)
Uno degli aspetti più dibattuti riguarda l’obbligo, anche per i privati, di dotarsi del Codice Identificativo Nazionale (CIN), introdotto dal D.L. 145/2023. La sentenza del Consiglio di Stato non esclude l’applicabilità di questo obbligo anche ai soggetti che non esercitano l’attività in forma imprenditoriale. Anzi, nel richiamare i principi affermati dalla Corte costituzionale (sent. n. 84/2019), viene evidenziato come l’obbligo di dotarsi di un codice identificativo non incida sulla libertà contrattuale, ma risponda a finalità di trasparenza e controllo.
In quest’ottica, anche i contratti stipulati secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 2, lett. c), della L. 431/1998, dovrebbero prevedere il CIN, pur se conclusi da soggetti non imprenditoriali. Tuttavia, non mancano perplessità. La stessa attribuzione del codice da parte del Ministero del Turismo, organo deputato alla promozione e regolazione del settore turistico, lascia spazio a dubbi sull’estensione indiscriminata dell’obbligo anche a chi esercita una semplice locazione occasionale.
Il Ministero ha infatti competenze molto specifiche, legate allo sviluppo del comparto turistico nazionale, alla programmazione di politiche settoriali, ai rapporti con le Regioni, con l’Unione Europea e con gli operatori del settore. Ne consegue che la locazione privata e sporadica di un immobile sembrerebbe estranea alla sfera di competenza del Dicastero, e ciò rafforza l’opinione secondo cui un distinguo normativo sarebbe non solo possibile, ma auspicabile.
5. Conclusioni
Alla luce dell’analisi delle fonti normative e degli orientamenti giurisprudenziali, si possono trarre alcune considerazioni operative utili per chi intenda locare un immobile per finalità turistiche senza svolgere un’attività imprenditoriale.
Innanzitutto, tali contratti restano regolati dal codice civile e non richiedono la presentazione della SCIA, obbligo previsto solo per le attività turistiche organizzate in forma d’impresa. Tuttavia, a livello regionale può essere richiesto l’invio di una comunicazione di inizio attività (CIA),con finalità puramente statistiche.
In secondo luogo, l’amministrazione comunale non può subordinare l’attività di locazione privata a ulteriori requisiti o condizionarla con atti ostativi, salvo l’esistenza di specifici impedimenti di natura urbanistica o igienico-sanitaria.
Infine, anche se la normativa attuale sembra estendere l’obbligo di CIN a tutti gli immobili locati per fini turistici, compresi quelli affittati da privati, permane un margine di incertezza. La distinzione tra locazione turistica vera e propria e locazione per fini di villeggiatura suggerisce infatti l’esigenza di un approccio normativo più articolato, capace di tenere conto delle peculiarità delle singole situazioni e del diverso impatto che esse hanno sul mercato turistico. Ad avviso di chi scrive, le locazioni di immobili tra privati per fini “latu sensu” turistico non richiedono il preventivo rilascio del CIN, vanno considerate locazioni transitorie per fini di villeggiatura e sono regolamentate dal codice civile. Costituiscono un tipo contrattuale di locazione abitativa non primaria, la cui causa è volta a soddisfare esigenze di riposo, svago, villeggiatura del conduttore